Scegliere la realtà in cui vivere

Credo che la realtà prenda forma attraverso il nostro pensiero.

E che ogni pensiero lavori su frequenze diverse.

Pertanto ci sono diverse realtà che possiamo percepire.

Una sorta di spettro elettromagnetico come avviene per i colori.

In base ai nostri pensieri possiamo sintonizzarci in realtà diverse e vedere e vivere ciò che appartiene a quella porzione di spettro.

Ma per sceglierci la realtà in cui desideriamo vivere, non è sufficiente cambiare pensiero attraverso il solo pensare.

Occorre l’azione, occorre un movimento, un comportamento affinché ci possa immergere in un contesto diverso, insolito, nuovo.

Ed è li immersi in queste differenti frequenze percettive che i nostri pensieri possono cambiare.

Il pensiero senza l’agire non ci cambia.

Il senso di colpa

Non è direttamente intuibile, ma il senso di colpa ha una funzione molto importante per la sopravvivenza dell’essere umano.

Da un punto di vista filogenetico, serve a prendersi cura dei nostri simili.

Attraverso il senso di colpa, è possibile valutare le proprie azioni nei confronti degli altri, stabilire se possono creare danno o malessere e calibrare il proprio comportamento futuro, in circostanze simili.

Ma allora perché fa così male sentirsi in colpa?

Perché come avviene per tutte le altre emozioni spiacevoli, il dolore provato serve a richiamare la nostra attenzione sugli eventi che possono causare danno a noi e agli altri.

Prendere consapevolezza del meccanismo del senso di colpa, può aiutarci a non sprofondare nei labirinti delle nostre più tempestose angosce.

Donare ciò che si desidera ricevere

Quando desidero ricevere qualcosa cerco sempre (io per primo) di donarla.

Se desidero amore, dono amore.

Se desidero un sorriso, regalo un sorriso.

Funziona sempre.

E se i risultati non sono immediati basta attendere.

Adottando questa semplice regola ci mettiamo in risonanza con le cose e le persone che amiamo e che ci amano.

Mettersi nella condizione di aspettare ciò che si desidera dagli altri pone quest’ultimi e noi stessi in una condizione di chiusura e di stallo.

Questa regola è talmente potente che ha il sapore della magia.

Prendiamoci cura dei nostri figli

Prendiamoci cura dei nostri figli fin dalla loro nascita.

Amiamoli, proteggiamoli e diamo loro tutto l’affetto che meritano e necessitano.

Mettiamoli sempre al primo posto in tutte le cose e scelte che facciamo.

Non perdiamo mai di vista ciò che sono e l’amore di cui hanno bisogno.

Non lasciamoli mai soli.

Cascasse il mondo per loro dobbiamo sempre esserci.

Non esiste partner, divertimento o scelta che ci debba distogliere dall’amore per i nostri figli.

E questo vale per entrambi i genitori al di là del genere.

Papà e mamma hanno il dovere di garantire una continuità affettiva anche laddove in circostanze particolari la vicinanza fisica non può essere garantita.

Nessuna scusa, nessun ostacolo giustifica il far sentire i propri figli soli e abbandonati. Per loro dobbiamo sempre esserci.

Prima di tutto i nostri figli. Il resto può aspettare.

Si può cambiare

Si può cambiare.

Se lo desideriamo, con tutto il cuore, ciò che sogniamo può diventare possibile.

Occorre crederci e credere in se stessi.

Costruire un piano e seguirlo nei più piccoli dettagli.

Andare avanti come treni e non farsi influenzare dai nostri pensieri demotivanti e da quelli sprigionati dalla bocca di chi con le sue insicurezze vuole costruire le nostre.

Rialzarsi, rialzarsi, e ancora rialzarsi di fronte agli insuccessi e alle sconfitte.

Non tutto può funzionare alla prima.

Occorre riprovare, cambiare le cose e vedere se nella maniera nuova funzionano.

Se non è così rimettersi in moto e riprovare ancora.

Questo porta il nome di perseveranza.

È qui la differenza.

Perché dietro ad ogni successo ci stanno mille insuccessi.

E questo i più grandi ce lo hanno insegnato.

La fortuna esiste, ma occorre essere preparati ad accoglierla.

Se pensiamo a Steve Jobs, ad esempio, per chi conosce la sua storia, prima di diventare noto, non ha avuto una vita semplice, eppure da un’idea ha creato un impero.

Ma la sua idea ce l’avevano in tanti.

Il segreto però è che lui all’idea ci ha creduto ed è passato all’azione, senza arrendersi di fronte agli insuccessi, e di insuccessi ne ha avuti tanti, insegnando al resto del Mondo che: “Non è un’idea a portare al successo una persona, ma una persona a rendere grande un’idea”.

Ok di Steve Jobs ce n’è stato uno soltanto, su questo siamo d’accordo, ma il mondo in cui viviamo, è il risultato di idee trasformate in realtà, per tanto grandi o piccole che siano, c’è spazio anche per tutte le nostre.

Dunque in bocca al lupo a te che desideri cambiare e che ti trovi dentro ad una prigione di pensieri ed emozioni.

Prendi coraggio, forza ed energia.

Non farti influenzare da chi ti dice che non ce la puoi fare e prenditi la responsabilità di tutto ciò che ti accade.

Perché solo così non potrai deresponsabilizzati ed incolpare qualcun altro del tuo insuccesso.

Questo concetto, anche se ti può risultare forte e difficile da accettare, è ciò che ti consentirà di prendere sicurezza, passare all’azione e prendere il controllo della tua vita.

Il racconto come diagnosi psicologica

Mi capita spesso, durante i miei corsi, di raccontare alcuni casi clinici relativi a maltrattamenti, violenze sessuali, problemi di coppia, disagi familiari, affettivi, lavorativi, ecc.

Osservo sempre come, in base al racconto, alcune persone cambiano espressione, atteggiamento, si irrigidiscono, diventano nervosi, tesi.

Ecco che capisco i problemi privati che attanagliano ogni singolo partecipante.

Con il tempo mi sono accorto che questo metodo potevo adottarlo anche all’interno delle mie sedute come diagnosi.

E così è stato.

Ho iniziato quindi a raccontare alcune storie per leggere le emozioni di ritorno dei miei pazienti.

Non importa se le storie narrate sono vere o inventate, ciò che conta è osservare le reazioni degli ascoltatori.

Una volta acquisita la giusta sensibilità nella lettura delle emozioni, rimane semplice capire quali sono le problematiche delle persone che ci stanno di fronte.

Quello del racconto è un ottimo metodo di diagnosi che, in alcuni casi, supera le tecniche diagnostiche tradizionali.

La prima impressione? E’ l’inconscio a suggerircela

Ognuno di noi, quando viene a contatto con una persona, ha subito una prima impressione dettata dal nostro inconscio.

Questa impressione è quella giusta.

Nel momento in cui iniziamo a dialogare con questa persona, ecco che la prima impressione viene messa da parte e si fa posto la seconda, quella costruita dalla nostra parte razionale.

Tutto ciò avviene perché in quel momento diamo ascolto alle parole che non ci rivelano ciò che in realtà la persona è, ma ciò che in realtà la persona vuol farci vedere.

Alcuni autori, affermano che la prima impressione è quella che ci facciamo di una persona nei primi secondi o minuti in cui avviene l’incontro.

In realtà in questo frangente di tempo si può parlare solo di seconda  impressione perché le persone, nel momento in cui vengono a contatto con altre, si costruiscono una loro maschera, nascondendo la loro vera natura.

La prima impressione invece è quella che noi ci facciamo prima di entrare in relazione con una persona.

In quei secondi, possiamo percepire tutte le sfumature positive e negative, perché la persona non è ancora entrata nel suo ruolo, nella parte che deciderà di recitare.

Pertanto la nostra mente inconscia sa come leggere gli aspetti psicologici delle persone, mentre quella conscia non ha questa abilità e per farsi un’idea, si basa sulle parole, su ciò che la persona comunica verbalmente.

Al contrario degli adulti, i bambini sono abili nella lettura dei tratti psicologici delle persone, perché non hanno ancora “soffocato” la loro mente inconscia con la razionalità che, purtroppo, si presenterà in seguito, con l’educazione ricevuta dai genitori e dalla società.

Quando il nome influenza la personalità

E’ risaputo che il nome esprime, a grandi linee, alcuni tratti della personalità di chi lo porta.

Gli studi in merito, fino ad oggi, si sono basati sul valore simbolico dei nomi.

Pertanto, in base a questa tesi, le persone che si chiamano, ad esempio, Alessandro, saranno leader, trascinatori, in quanto, storicamente il nome di Alessandro è appartenuto a Re, Condottieri e a grandi personaggi carismatici.

La stessa cosa vale per le donne che si chiamano Maria, avranno personalità rassicuranti, protettive e materne, proprio perché il nome Maria riconduce alla mamma del nostro Signore Gesù Cristo.

Il valore simbolico del nome, dunque, è sì importante, ma non sempre chi porta il nome di un grande personaggio, ha le stesse sfumature del carattere.

Da questa idea, e da altre mutuate dalla psicologia della personalità, ho voluto approfondire la questione, perché credo che il nostro nome influire prepotentemente sullo sviluppo del nostro carattere.

Così mi sono concentrato su ciò che più di ogni altra cosa dei nomi, contribuisce alla costruzione mentale di noi stessi: i suoni.

I nomi, come si sa, sono composti da lettere che se pronunciati danno origine a suoni, ovvero a fonemi. A seconda delle lettere che compongono il nome, i suoni cambiano.

Ci sono suoni duri come quelli della Ti, Di, Ghi, Chi, Q, morbidi come quelli della Gi, Ci, Li, e suoni sfuggenti come quelli della Vi, Fi, Ni, e così via.

Sono proprio i singoli suoni del nostro nome ad influenzare l’idea che ci facciamo di noi stessi.

Da qui ho iniziato uno studio sull’influenza che i fonemi che compongono i nomi, hanno sulla costruzione della propria immagine mentale e dell’idea che gli altri si fanno di una persona a partire dal nome.

Questo studio mi ha spinto a dare vita ad una nuova ed affascinante disciplina che si occupa proprio dei rapporti fra fonemi e rappresentazioni mentali: la Psicofonemologia.

Pertanto i primi passi sono stati quelli di creare una vera e propria tabella riepilogativa con la quale (in base alla posizione e al suono dei fonemi), risalire alle principali caratteristiche della personalità del proprietario del nome.

Così partendo dal presupposto che il suono Giu sta a significare apertura, Li, creatività, Na, praticità, chi porta il nome Giuliana sarà sicuramente una persona socievole, creativa e molto pratica.

La tabella che ho creato prevede differenti combinazioni di lettere ed è valida per tutti i nomi, di tutte le lingue del Mondo.

Lo studio del carattere a partire dal suono dei fonemi, si estende al di là del proprio nome.

Per conoscere più a fondo una persona, basterà esaminare anche i nomi dei suoi genitori, risalendo a caratteri più profondi della personalità, legati al super-io, ovvero, all’influenza che i genitori hanno avuto sull’aspetto morale.

Non solo. Sempre attraverso la psicofonemologia, si potranno conoscere anche le dinamiche familiari, ossia, se il soggetto esaminato avrà avuto una mamma remissiva e un padre autoritario, o viceversa.

Quest’ultima, è un’affascinante applicazione della psicofonemologia perché permette di verificare le dinamiche di coppia: ovvero se siamo remissivi o autoritari rispetto al proprio partner o prevedendo, nel caso in cui siamo ancora single, quali nomi si addicono di più alla nostra personalità.

Ma se sono già impegnato e i nomi (il mio e quello del mio partner) sono quelli, risultando remissivo, in che modo posso cambiare le cose?

Semplice, basterà costruirsi un nomignolo che possa essere dominante rispetto al nome (o al nomignolo) del partner.

Infine, per concludere, la psicofonemologia, può avere diverse applicazioni, grazie allo studio sulle interrelazioni fra rappresentazioni mentali e fonemi. Pensiamo alle informazioni che si possono avere sulle caratteristiche dei diversi popoli, interpretando semplicemente i suoni delle loro lingue.